Il Viaggio di Mirco

Benvenuti

Un viaggio in solitaria
alla scoperta di una Sardegna incontaminata per godersi il calore e la genuinità dell’ospitalità dei piccoli paesi dell’entroterra.

Quando, qualche mese fa, ho immaginato il mio GravelSardegna l’idea era di fare un piccolo anello di due o tre giorni per andare a conoscere gli amici di La Nuragica. Poi Massimo e Cristina (proprio loro, quelli della Transichnusa) si sono messi all’opera ed è stata subito avventura.
In sei giorni ho percorso 680 km ed oltre 9500 m D+, attraversando le province di Sassari, Oristano e Cagliari.

ALGHERO-CABRAS

Giorno 1

Da Alghero a Bosa ho percorso una delle più belle e panoramiche strade della Sardegna settentrionale; mi sono inoltrato nella penisola del Sinis attraversando la sua pineta e le sue paludi, per poi costeggiare le scogliere, le spiagge e le dune, fino a lambire Tharros. È un susseguirsi di scogliere e spiaggette deserte: solo io, la mia bici, il mare e qualche fortunato bagnante. I passaggi sulle dune, spesso affrontati con la tecnica del “portage”, mi danno l’opportunità di guardarmi intorno con più calma e di godermi i profumi che la macchia mi elargisce. Al termine di questo incanto, mi fermo in un bar per rinfrescarmi, per poi raggiungere Cabras, il paese della bottarga.

CABRAS-COSTA VERDE

Giorno 2

Proseguo, nuovamente, in direzione della costa passando per Oristano e il suo grazioso centro storico, dirigendomi poi verso le zone lagunari dove il tempo sembra essere in pausa: tra silenzio, passerelle in legno, porticcioli che sembrano usciti da un dipinto e spiagge deserte. Il colpo d’occhio è incredibile, e in alcuni punti sembra di essere da soli a contatto con una natura incontaminata. Dopo aver attraversato Marceddì, piccolo borgo di pescatori, inizio l’avvicinamento alla La Costa Verde… selvaggia e affascinante. Pedalo costeggiando il mare, separato dalla costa bassa e spesso sabbiosa; qui il turismo è più presente, un turismo discreto e mai invadente, composto da persone che amano il mare senza fronzoli e con il maestrale dritto in faccia. Il tempo di una sosta nell’ultimo paese costiero e salgo ai 500 m dell’agriturismo Oasi del Cervo, dove la cucina della signora Angela, la tradizione, la pace e un tramonto mozzafiato mi incantano fino alla sveglia successiva.

COSTA VERDE-Domusnovas

Giorno 3

Inizio la discesa che, immerso tra gli spettacolari colori dell’alba e il passaggio di qualche coppia di cervi, mi riporta sulla Costa Verde in direzione delle dune di Piscinas: il posto dove un mare cristallino incontra una spiaggia che ricorda il deserto del Sahara. Non a caso il National Geographic l’ha definita una delle più belle spiagge al mondo. Lasciando Piscinas, comincio il mio personale viaggio attraverso la storia, spesso una storia di sofferenze, delle miniere sarde. Lungo la lunga e sterrata salita che da Piscinas sale verso Ingurtosu, per proseguire fino ad Arbus, è un susseguirsi di pozzi minerari e attrezzature abbandonate che mi catapultano in un periodo dove la sofferenza dell’uomo ha coinciso con la sua stessa sopravvivenza. La lentezza della pedalata e la fatica di arrampicarsi su quelle strade mi lega, in qualche modo, ai minatori sardi fino a condividerne il sudore e la polvere sugli abiti. Ma la Costa Verde, oltre che geograficamente, è collegata al Sulcis per la tradizione mineraria. Partendo dal sito minerario di Masua – Porto Flavia, da dove posso ammirare il faraglione del Pan di Zucchero, è un susseguirsi di siti minerari abbandonati che mi conducono fino a Iglesias, con il suo particolare centro storico e poi a Domusnovas.

domusnovas-tuili

Giorno 4

Lascio Domusnovas per addentrarmi all’interno del Medio Campidano, in una zona di coltivazioni e allevamenti di bestiame. Il caldo, che all’interno dell’isola si fa ancora più intenso, non diminuisce il fascino di ciò che vedo è, anzi, mi fa percepire un senso di solidarietà nelle persone che incontro, che mi fa sentire sereno, anche durante quei passaggi al caldo e lontano da ogni forma di urbanizzazione. La strada, che da Villacidro sale in senso orario per portarmi ad osservare dall’altro l’invaso di acqua con l’omonima diga, offre scorci molto belli sulla cittadina, sul lago e sulle colline circostanti. La strada, mai scontata, che mi conduce da Villacidro a Tuili, è un susseguirsi di piccoli paesini e sterminate pedalate nelle aree coltivate; il caldo intenso mi fa adottare la strategia della sosta bar ad ogni paese (in Sardegna non sono frequenti le fontanelle, quindi i bar sono spesso l’unico modo per rifornirsi di acqua). Durante le molte soste, a volte in piccoli paesi di pochissimi abitanti e in orari da siesta messicana, la curiosità, l’empatia e la solidarietà delle persone mi ha lasciato piacevolmente stupito. Viaggiare da solo, in zone poco frequentate dal turismo di massa, mi dà l’opportunità di essere un “viandante”, lento e curioso; l’interazione con le persone che incontro è semplice e genuina così come la reciproca curiosità: la mia di capire un mondo che sto scoprendo, la loro capire cosa spinge una persona a pedalare sotto un sole cocente. Sono anche nella zona dei murales, e le soste per ammirare e fotografare queste immagini diventano innumerevoli. L’arrivo a Tuili, paese sovrastato dalla Giara (l’altopiano vulcanico famoso per i molti ritrovamenti di epoca nuragica e per i suoi “cavallini”, una razza endemica che sull’alto piano vive allo stato brado), racchiude in sé tutta l’accoglienza che solo i sardi sono capaci di esprimere: Emanuela e Giuseppe, di Domucancedda, mi accolgono e mi coccolano come se fossi un loro caro parente. Domucancedda è anche il luogo dove ci siamo dati appuntamento con Cristina e Massimo di La Nuragica (sì, quelli della Transichnusa). Con Cristina, Massimo, Emanuela e Giuseppe trascorro una bellissima serata tra amici, tra buon cibo, racconti e risate che si protrae fino a mezzanotte… nonostante la sveglia sia programmata per l’alba successiva (c’è sempre tempo per dormire).

tuili-santulussurgiu

Giorno 5

Lascio Tuili di buon’ora (tra abbracci e promesse di rivederci presto… e so che succederà davvero) e dopo aver attraversato Barumini, paese del più grande sito nuragico della Sardegna, salgo verso la Giara di Gesturi, con i suoi 550 m s.l.m medi. Da lassù si gode di un bellissimo panorama sulla piana sottostante, ma più che altro si entra in ambiente naturale fuori dal comune: La Giara è considerata un biotopo di importanza nazionale per le sue caratteristiche geografiche, ambientali e socioculturali.
Il caldo di questa giornata mi fa decidere, insieme a Massimo che è stato il mio angelo custode per l’intero viaggio, di togliere un po’ di chilometri di fuoristrada in modo da ridurre leggermente la durata della tappa. Durante questo giorno il mio Garmin arriva a registrare temperature fino a 53 gradi; oltre alle ormai canoniche soste frequenti nei bar, cerco di sfruttare anche gli idranti per l’irrigazione che trovo nei campi ed alcune proverbiali fontane per rinfrescarmi.
Per arrivare a Santu Lussurgiu si sale, e neppure poco: il paese si trova a circa 500 m s.l.m, ma una volta arrivato mi attendono una birra ghiacciata e la sorpresa di alloggiare in un albergo diffuso. Si tratta di un concetto che punta alla valorizzazione del territorio e si contraddistingue per avere i propri elementi (unità abitative, camere, ecc.) dislocati in punti diversi dello stesso nucleo urbano e in strutture diverse; invece di costruire, si utilizzano strutture già esistenti (a Santu Lussurgiu sono molte le case abbandonate nel centro storico), dando agli ospiti l’opportunità di alloggiare in veri ambienti rurali. Santu Lussurgiu sorge ai piedi del Montiferru ed è considerata da molti storici la cittadina dov’è è nato il Filu e’ Ferru, il tradizionale distillato sardo. Santu Lussurgiu è anche nota per la sua acqua oligominerale, di cui il Montiferru è cosparso di sorgenti.

santulussurgiu-alghero

Giorno 6

Proprio lasciando Santu Lussurgiu e salendo verso il Montiferru inizio l’ultima tappa della mia avventura. La salita verso il passo mi porta rapidamente ad immergermi in un ambiente montano (d’altra parte si scollina a 900 m s.l.m). La successiva discesa mi conduce a Cuglieri e a Tres Nuraghes, per poi catapultarmi verso Bosa; questo è il momento, dopo tre giorni, che ho l’occasione di rivedere il mare. Bosa, però, nonostante sia un affascinante borgo tra il mare, il fiume Temo e i rilievi di Sa Pittada e di Monte Mannu, significa anche turismo… ed io non sono ancora pronto per rituffarmi nella frenesia del turismo. Devio allora verso i monti, evitando la litoranea che conduce ad Alghero e che ho già percorso il mio primo giorno di viaggio, e salgo verso i paesi montani, incontrando Montresta e Villanova Monteleone, dalle cui alture si può vedere il lago Temo e il bellissimo paese di Monteleone Rocca Doria, arroccato su un’erta collina. È l’ultimo sguardo verso il silenzio, prima di tuffarmi in discesa verso Alghero, che prima dei suoi rumori turistici riesce ancora ad offrirmi un affascinante colpo d’occhio sul suo golfo e sulla punta di Capo Caccia. La mia avventura, come l’ha definita Massimo per sei giorni, finisce sulla ciclabile di Alghero Lido, tra gli ombrelloni dei bagnanti e i primi precoci cocktails nei bar. Gli ultimi chilometri, che percorro volutamente molto lentamente, mi permettono di smaltire la tristezza, riordinare idee ed emozioni e immergermi nuovamente in un mondo che, per sei giorni, è stato lontano da me. Mentre salgo le scale di casa, oltre a rivedere nella mia mente ogni istante di questo viaggio, sto già pensando alla prossima avventura in sella alla mia bici… ma questa è un’altra storia.